Gli ebrei, il fascismo, la discriminazione e la persecuzione

Il caos sociale che segue la guerra, favorisce l’ascesa di Mussolini e del fascismo (1922) che trova fra gli ebrei sia oppositori sia sostenitori. Il regime manifesta ben presto tendenze razziste e antisemite, del resto presenti nella società con l’avvento del nuovo razzismo scientifico e l’antico anti-giudaismo di stampo religioso e che già sul finire degli anni Venti emerge qua e là nella stampa, nei discorsi, in singoli episodi di esclusione di ebrei da posti di responsabilità.

Significativo è il caso di Ugo Del Vecchio, direttore della filiale di Genova della Banca d’Italia, sul quale, in quanto ebreo, vengono richiesti nel 1929 accertamenti sulla sua fedeltà al regime e sulla sua appartenenza religiosa. Nello stesso anno vengono firmati i Patti Lateranensi che constano di due distinti documenti: il Trattato, che riconosce l’indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fonda lo Stato della Città del Vaticano e il Concordato che definisce le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa e il Governo.

Successivamente, nel 1930, viene approvata la legge che regola il funzionamento delle comunità ebraiche e i loro rapporti con lo Stato, con la chiara volontà di operare un controllo sulla minoranza ebraica.

Il carattere autoritario del fascismo si palesa chiaramente nel 1931 con la richiesta ai docenti universitari italiani di giurare fedeltà al regime. Su oltre mille professori, sono almeno dodici coloro che rifiutano di piegarsi e, fra questi, quattro sono ebrei. Anche la partecipazione ebraica all’antifascismo è ampia: fra i casi più noti è doveroso citare senz’altro Carlo e Nello Rosselli, fondatori di “Giustizia e Libertà”. La campagna antifascista e insieme antisemita ha inizio già nel 1934 con l’arresto del gruppo di ebrei antifascisti di Torino cui la stampa da grande risalto.

I PROVVEDIMENTI ANTIEBRAICI

Il 14 luglio 1938 viene pubblicato sul “Giornale d’Italia”, un articolo dichiaratamente antisemita, Il fascismo e i problemi della razza, meglio noto come Il Manifesto degli scienziati razzisti. Tale documento è considerato la base teorica del razzismo di stato, e viene firmato da dieci docenti universitari, in esso si afferma: “Gli ebrei non appartengono alla razza italiana”.

Da questo momento in poi la persecuzione antiebraica che in Italia assume una impostazione di stampo razzistico biologico, comincia a estendersi rapidamente; essa si articola in due fasi distinte:

1. la persecuzione dei diritti col susseguirsi di una serie di decreti, circolari, provvedimenti che limitano la vita sociale, civile ed economica degli ebrei italiani (settembre 1938-luglio 1943)

2. la persecuzione delle vite (8 settembre 1943-25 aprile 1945) sotto l’occupazione tedesca e la Repubblica Sociale Italiana.

Ma prima di dare l’avvio alla normativa antiebraica, occorre quantificare gli ebrei; viene quindi effettuato un censimento nell’agosto del 1938 che da come risultato il numero di 46.656 persone di religione ebraica.

Il primo decreto (7 settembre 1938) riguarda l’espulsione degli ebrei stranieri entrati nel paese dopo il 1919. Il 13 settembre entra in vigore il decreto che prevede l’espulsione dalle scuole di allievi e insegnanti appartenenti alla “razza ebraica”. Il regio decreto del 17 novembre vieta “il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza” e stabilisce che gli ebrei non possono “prestare servizio militare in pace e in guerra; esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica; essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della nazione (…) e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né di avere di dette aziende la direzione, né assumervi comunque l’ufficio di amministratore o di sindaco; essere proprie- tari di terreni che in complesso abbiano un estimo superiore a lire cinquemila; essere proprietari di fabbricati urbani che in complesso abbiano un imponibile superiore a lire ventimila”. Inoltre “il genitore di razza ebraica può essere pri- vato della patria potestà sui figli che appartengano a religione diversa da quella ebraica”.

Gli ebrei sono esclusi “con effetto immediato” dalle occupazioni che dipendono da “Amministrazioni civili e militari dello Stato”, dalle organizzazioni del parti- to fascista, da tutte le amministrazioni pubbliche (Province, Comuni, Aziende di trasporto, Ferrovie, Consorzi), dalle banche e dalle aziende di assicurazione. E naturalmente tutti, docenti e alunni, dalle scuole del Regno. Segue il ritiro delle licenze commerciali e artigiane e l’esclusione dalle libere professioni.

I provvedimenti colpiscono gli ebrei anche con umiliazioni insensate, ma volte alla totale separazione ed esclusione dalla società civile come la scritta “Vietato l’ingresso agli ebrei” apposta in alcuni esercizi commerciali.

LE LEGGI

CONSEGUENZE DEI PROVVEDIMENTI ANTIEBRAICI

La volontà del governo fascista sembra quella di arrivare a costringere gli ebrei all’emigrazione/espulsione; infatti si calcola che fino alla chiusura delle frontiere (1941), circa l’8% di essi lascia il paese, ma la maggioranza rimane. Per essi sono previsti la mancanza di mezzi di sussistenza, la precarietà, l’internamento (1940), la precettazione al lavoro obbligatorio (1942) e una assoluta condizione di insicurezza.

Per quel che riguarda l’atteggiamento della Chiesa, essa si limita a protestare solo in relazione alla non accettazione delle conversioni e al divieto di contrarre matrimonio misto, anche nel caso di conversioni al Cattolicesimo del coniuge ebreo.

LA GUERRA, LA REPUBBLICA SOCIALE ITALIANA, OCCUPAZIONE TEDESCA

Il 10 giugno 1940 l’Italia entra in guerra a fianco della Germania. Giungono anche in Italia le notizie delle deportazioni e delle uccisioni degli ebrei nei paesi occupati dai tedeschi e fra gli ebrei italiani si diffonde il timore di persecuzioni fisiche.

Lo sbarco degli anglo-americani, la destituzione di Mussolini (25 luglio 1943) e le sfavorevoli operazioni militari naziste, riaccendono le speranze degli ebrei italiani. Il nuovo presidente del Consiglio, il Maresciallo Pietro Badoglio, annuncia l’8 settembre l’armistizio: le conseguenze sono disastrose. I tedeschi disarmano l’esercito italiano, rimasto privo delle gerarchie militari e del re in fuga. Senza ordini e in balia dei nazisti, l’esercito italiano si sfalda.

Mussolini viene liberato dai nazisti e assieme ai suoi fedelissimi ricostituisce a Salò la Repubblica Sociale Italiana, RSI, totalmente assoggettata ai tedeschi.

L’attuale consistenza numerica degli ebrei è di 43.000 persone di cui 8.000 sono stranieri o apolidi. Su di loro si scatena la caccia da parte dei nazisti e delle milizie della Repubblica di Salò.

GUERRA PARTIGIANA, PERSECUZIONI, RASTRELLAMENTI E DEPORTAZIONI

Alcune migliaia di ebrei cercano la via della salvezza rifugiandosi in Svizzera, altri riescono a raggiungere l’Italia liberata. I più giovani, circa un migliaio, partecipano alla lotta partigiana; altri cercano di nascondersi. Ma un gran numero rimane intrappolato come accade nell’antico ghetto di Roma.

All’alba del 16 ottobre 1943, le SS irrompono anche in vari altri quartieri di Roma, arrestano gli abitanti casa per casa e li caricano su camion portandoli alla caserma di via della Lungara. Pochi giorni dopo, i 1.019 ebrei catturati vengono trasferiti a Fossoli e da qui ad Auschwitz. Gran parte di essi saranno uccisi subito dopo l’arrivo; i restanti verranno inseriti nella catena di lavoro del campo, trovando la morte più tardi.

Oltre agli arresti e alle deportazioni furono compiute dai nazisti stragi e  rappresaglie come quella delle Fosse Ardeatine: 355 uomini, di cui 75 ebrei, sono condotti sulla via Ardeatina e uccisi come rappresaglia per l’uccisione di 32 soldati tedeschi in un attentato del 23 marzo 1944 a Via Rasella a Roma. Per cancellare ogni traccia di questa barbarie, l’entrata della cava fu occlusa con la dinamite.

Roma fu liberata il 4 giugno del 1944, ma la guerra alla Germania durò fino al 25 aprile del 1945.