Il primo decreto (7 settembre 1938) riguarda l’espulsione degli ebrei stranieri entrati nel paese dopo il 1919. Il 13 settembre entra in vigore il decreto che prevede l’espulsione dalle scuole di allievi e insegnanti appartenenti alla “razza ebraica”. Il regio decreto del 17 novembre vieta “il matrimonio del cittadino italiano di razza ariana con persona appartenente ad altra razza” e stabilisce che gli ebrei non possono “prestare servizio militare in pace e in guerra; esercitare l’ufficio di tutore o curatore di minori o di incapaci non appartenenti alla razza ebraica; essere proprietari o gestori, a qualsiasi titolo, di aziende dichiarate interessanti la difesa della nazione (…) e di aziende di qualunque natura che impieghino cento o più persone, né di avere di dette aziende la direzione, né assumervi comunque l’ufficio di amministratore o di sindaco; essere proprie- tari di terreni che in complesso abbiano un estimo superiore a lire cinquemila; essere proprietari di fabbricati urbani che in complesso abbiano un imponibile superiore a lire ventimila”. Inoltre “il genitore di razza ebraica può essere pri- vato della patria potestà sui figli che appartengano a religione diversa da quella ebraica”.
Gli ebrei sono esclusi “con effetto immediato” dalle occupazioni che dipendono da “Amministrazioni civili e militari dello Stato”, dalle organizzazioni del parti- to fascista, da tutte le amministrazioni pubbliche (Province, Comuni, Aziende di trasporto, Ferrovie, Consorzi), dalle banche e dalle aziende di assicurazione. E naturalmente tutti, docenti e alunni, dalle scuole del Regno. Segue il ritiro delle licenze commerciali e artigiane e l’esclusione dalle libere professioni.
I provvedimenti colpiscono gli ebrei anche con umiliazioni insensate, ma volte alla totale separazione ed esclusione dalla società civile come la scritta “Vietato l’ingresso agli ebrei” apposta in alcuni esercizi commerciali.