Wanda Vera Heiman, penultima dei cinque figli di Eugenio Heiman e di Elena Vita, tornò con la famiglia in Italia, a Bologna, prima che nascesse suo fratello più piccolo, nel 1892.
Fin da giovane fu una donna molto indipendente e battagliera, tanto che nel 1909, a soli 22 anni, la troviamo nel registro immigrazione del piroscafo “Duca degli Abruzzi” in ingresso a New York registrata come “activist”, anche se non ci è dato sapere a sostegno di quale causa si fosse spinta così lontano. Il suo spirito ribelle la condusse qualche anno più tardi ad aderire al Fascismo della prima ora e a perorarne la causa, tornando addirittura altre due volte oltre oceano, per conto del Popolo d’Italia.
Nel 1933, un’altra brusca sterzata la portò invece dritta al confino politico per sette lunghi anni, accusata di essere diventata una “sovversiva antifascista”. Risulta schedata al CPC: “1933 – 1940 / Confinata”. Tra il 1940 e il 1943 non si hanno notizie precise di lei. Sappiamo solo che nel dicembre ’43 fu arrestata a casa, a Milano. Da lì a San Vittore dove restò incarcerata fino al 30/01/1944, quando fu deportata dallo scalo merci della Stazione Centrale con il convoglio n. 24, insieme ad altri 604 ebrei. Arrivò ad Auschwitz–Birkenau il 6/02/1944 e di lei non si seppe più nulla.